Come nel caso di don Arcangelo Zanetti, (1844-1883) il secondo parroco, abbiamo a disposizione molteplici fonti storiche scritte, in particolare il diario delle messe, che egli tenne in modo diligente seguendo le indicazioni del vescovo mons. Giacinto Tredici, il quale durante la visita pastorale del 1935 chiese: «si tiene il liber cronicus?» (cronaca della vita della parrocchia), e don De Giacomi rispose: «No, ma si conta di iniziarlo, reso facile dalle note già fatte sul Diario Messe».
La vicinanza temporale ci permette di avvalerci di alcune significative testimonianze orali dei parrocchiani che ebbero il privilegio di conoscere da vicino questo generoso pastore.
L’aspetto più rilevante che ci pare di proporre come primo approccio alla figura di questo parroco è la sua attenzione alle esigenze educative e religiose delle nuove generazioni, con la costante preoccupazione di allestire locali adatti per loro.
Molte potranno essere le testimonianze che le persone anziane possono riferire, per ora vi proponiamo quella della signora Gesuina Simoni.
La famiglia Simoni (padre, madre e 5 figli) era giunta in valle dalla vicina Bione nell’autunno del ‘40. Ora con i mezzi moderni le due valli sono vicine, ma a quel tempo la famiglia superò montagne e percorse sentieri impervi per giungere a Lumezzane e «sistemarsi» in un misero locale umido come una cantina, che la signora non esita a paragonare alla «grotta» in cui trascorsero il primo S. Natale a Lumezzane, proprio come il Bambin Gesù, sempre con grande fede e spirito cristiano.
Il giorno dopo il rocambolesco arrivo si presentò nel cortile il parroco e per loro fu un incontro speciale. La signora Gesuina, allora bambina lo vide vestito di nero, con la mantellina e il cappello e le fu spontaneo associarlo a don Bosco al quale la madre era molto devota.
Don De Giacomi era molto attento ai bisognosi e la prima cosa che faceva in generale era di farli sentire accolti in parrocchia, si informava sul viaggio, su come stavano e aveva sempre parole dolci per i bambini che trattava con molta affabilità. Per quella famiglia in difficoltà fu come l’apparizione di un angelo per di più simile al grande santo dei giovani appena elevato agli onori degli altari (1 Aprile 1934 santificazione del beato don Giovanni Bosco).
Nel diario delle messe il 10 Giugno 1929 don De Giacomi descriveva una sua esperienza spirituale molto forte che deve aver lasciato il segno nell’animo sensibile del pastore, scriveva così:
«Ieri ho assistito a Torino, alla traslazione della salma del Beato Don Giovanni Bosco, da Val-salice alla Basilica di Maria Ausiliatrice in Valgono. Fu una vera apoteosi. Presero parte alla meravigliosa grandiosissima dimostrazione, con parecchi cardinali e molti vescovi, le più alte notabilità d’Italia, dal Principe Ereditario di casa Savoia, ai rappresentanti del Governo. Furono presenti molti rappresentanti di nazioni straniere, presso le quali si è sviluppata l’opera salesiana, e c’erano pure rappresentanze di tutte le case Salesiane sparse nel mondo, dall’Australia, alle Americhe, alle Indie, al Giappone. Il Cardinale salesiano Augusto Hloud Primate di Polonia con le più alte notabilità della Pia società Salesiana e della città di Torino, precedeva l’urna del Beato, mentre il cardinal Gamba di Torino con gli alti dignitari della sua corte la seguiva. A sua volta il primate di Polonia era preceduto da una teoria di clero in sacri paramenti e da dieci vescovi in mitra e pastorale.
L’entusiasmo incontenibile dei Piemontesi e del mondo intero largamente rappresentato, non potè essere né più alto, solenne e devoto, all’indirizzo del Santo che dopo 41 anno dalla morte, tornava a passare benedicendo per le vie principali della sua città, per andare a prendere definitiva dimora nel tempio di Maria Ausiliatrice da lui stesso edificato, alla gloria della Gran Regina del cielo. L’accoglienza fatta all’urna del Beato, presso Maria Ausiliatrice, non è possibile descriversi. La fiumana di popolo che non potendo avvicinare, nemmeno la Basilica, potè assistere dalla grande piazza davanti al santuario, e lungo il percorso del viale Regina Margherita, a mezzo altoparlanti, distribuite nei vari punti di maggior concentramento. La Benedizione col SS.mo Sacramento, venne impartita fuori la Basilica, da un palco a tale scopo preparato. Spettacolo in-dimenticabile, felice chi potè esservi presente. Uguale forse non lo vedrà più e fa pensare e toccare con mano il detto evangelico: chi si umilia sarà esaltato. Alla tomba ormai vuota di Valsa-lice, sabato 8 giugno, verso le ore 15 si dà per certa che un giovanetto di 12 anni, cieco di tutti e due gli occhi, acquistò la vista all’istante. Con la voce possente dei miracoli, il Beato vive, parla e s’impone alle menti e ai cuori.
Don De Giacomi, da bravo pastore preoccupato dei bisogni di tutti i suoi parrocchiani, fu sempre attento ad additare modelli di santità, soprattutto ai giovani e don Bosco fu un costante punto di riferimento.
Quando nel 1934 ci fu la santificazione nel giorno di Pasqua, il parroco, che amava curare l’aspetto culturale dei suoi parrocchiani, nel Diarium Missarum ricordava la presenza del dottor Vittorio Chizzolini chiamato l’8 Aprile per «tener adunanza agli aspiranti e per i soci commemorando san Giovanni Bosco.
Dopo il Vespro ebbe luogo la Benedizione solenne e il bacio della reliquia del Santo (…), poi il parroco commentava con la consueta precisione che «in complesso oggi, ottima giornata di propaganda per la causa del bene in onore di S. Giovanni Bosco e per la nostra gioventù maschile». È bello pensare che in quegli anni tanto difficili per le condizioni di vita, persone volenterose si dessero da fare per discutere insieme e progettare orizzonti comuni.
Sempre nell’anno 1934 fu portata in solenne processione la statua del santo in Oratorio, perché proteggesse la gioventù della parrocchia, De Giacomi scriveva il 19 agosto: processio ad oratorium S. Joannis Bosco, illuc novam statuam solemniter ferenda (…) omnia bene et ordinata (…) et in processione cuncto populo presente. (solenne processione all’oratorio, solennemente lì fu portata una nuova statua, tutto andò bene e fu ordinato, e nella processione fu presente tutto il popolo).
Quella statua che fu testimone di tanto fervore dei nostri avi è ancora presente nel nostro oratorio, seppur sostituita da un’altra effigie più grande, e nonostante gli evidenti segni del tempo, chi la guarda con attenzione vi scorge il silenzioso invito a non trascurare ciò che i nostri antenati ci hanno lasciato, per un futuro migliore.
Dal Bollettino Parrocchiale del 1938
PRO AULE CATECHISTICHE
L’edificio ha avuto finalmente la copertura; è un fabbricato imponente che oltre a rispondere al suo scopo, quando sarà finito figurerà tra i migliori edifici della contrada.
Elenco offerte:
Versamenti: Ditta Fratelli Saleri L. 2000 – Dit-ta Gnutti Sebastiano L. 250.
Nuove offerte: Gnutti Teresina L. 150 – Nem-ber Teresa Ved. Gnutti L. 100 – N. N. L. 25 – Pintossi Faustino L. 20 – Saleri Arturo L. 50 – Filodrammatica «Pier Giorgio Frascati» L. 182,70 – Bonomi Omobono L. 17 – Confrater-nita Madri L. 80 – Oratorio Femminile L. 50.
Operai Ditta Bonomi Omobono: Ghidini Angelo L. 1 – Gnali Guido L. 2 – Zobbio Rino L. 3 – Pasotti Angelo L. 2 – Pasotti Emilio L. 2 – Ghidini Guerino L. 3 – Ghidini Giovanni L. 3 – Ghidini Colombo L. 3,50 – Ghisi Angelo L. 3,50 – Bossini Guido L. 1 – Totale L. 23. Raccogli-tore Bonomi Giovanni di Omobono.
Operai Ditta Gnutti Cruch: Pozzi Avanti L. 5 – Peli Davide L. 5 – Peli Giuseppe L. 5 – Amadi-ni Francesco L. 5 – Cavagna Argento L. 2 – Cavagna Attilio L. 1 – Vessoni Giuseppe L. 2 – Vessoni Guerino L. 2 – Pasotti Cilì L. 2 – Rovani Angelo L. 2 – Bosio Mario L. 2 – Totale L. 33 – Raccoglitore Pozzi Avanti.
Totale somma sottoscritta L. 20.100.
Totale somma versata L. 16.408.
Nel Dicembre ebbero luogo i primi pagamenti che ammontano a L. 11.250, cioè L. 10.000 al-l’Impresa Pasotti, L. 500 in acconto all’Ufficio Dazio Consumo, L. 500 di acconto all’ingegnere, L. 250 per differenza conto sabbia.
Le offerte possono essere consegnate o al Rev. Parroco oppure alla Presidenza dell’As-sociazione «S. Giovanni Bosco».
Don De Giacomi, nato a Caino nel 1879, aveva intrapreso piuttosto tardi gli studi presso la congregazione dei Figli di Maria (meglio noti come i Pavoniani) e, dopo aver frequentato i corsi teologici presso il seminario diocesano, fu ordinato sacerdote il 6 Luglio 1913.
Il suo primo incarico fu quello di curato a Strivignino di Pezzaze fino al 1919, anno in cui fu nominato parroco a Binzago.
Il 2 Luglio 1925 fece il suo ingresso nella nostra parrocchia e qui esercitò con zelo e grande generosità la sua missione fino alla sua morte, il 1° Aprile 1942, dopo diciassette anni di parrocchiato, all’età di 63 anni. A lui succedette Mons. Giovanni Battista Masneri che fu parroco per ventisette anni e morì, ancor più prematuramente, all’età di 61 anni.
Questo breve excursus non vuol essere solo un’annotazione cronologica, bensì ha l’intento di farci riflettere sulla continuità di impegno dei parroci, che si sono succeduti nella nostra chiesa locale, da quando la parrocchia di San Sebastiano venne istituita nel 1838.
La sottolineatura non appare inutile se consideriamo che spesso diamo per scontato il nostro essere e dichiararci cristiani, senza manifestare, almeno nel nostro intimo, profonda gratitudine per tutto quanto la nostra parrocchia ci ha offerto e ci offre per guidarci nel cammino della fede.
Questa ricchezza, a cui spesso non attingiamo pienamente, ci è stata trasmessa grazie alla generosità, all’impegno e alla profonda spiritualità dei nostri sacerdoti, in particolare dei parroci, che hanno as-sunto il gravoso impegno di guidare la nostra comunità nei vari periodi storici.
Abbiamo visto quale impegno ha profuso il secondo parroco, don Arcangelo Zanetti, nel periodo delle lotte risorgimentali e quale travaglio ha determinato nel suo animo la cosiddetta “questione romana”, con il conflitto che si risolse solo con il Concordato tra Stato e Chiesa del 1929.
Ora, ritornando al periodo di don De Giacomi, oggetto della nostra attenzione, dobbiamo registrare un acuirsi delle difficoltà nei rapporti fra Stato e Chiesa che avrebbero dovuto essere, almeno in parte, superati.
Scrive Liliana Ferrari nel saggio «Il laicato cattolico tra Otto e Novecento»: «Dopo il ’29 permane una conflittualità sorda fra regime e organizzazioni giovanili di Azione Cattolica che ha i suoi momenti esplosivi nelle crisi del 1931 e del 1938. Il fascismo tollera a fatica concorrenti alle sue organizzazioni giovanili, e anche se ripiegata nello spazio della Parrocchia, l’A.C. sta invadendo un campo che esso rivendica solamente a se stesso: la formazione delle nuove generazioni. L’invadenza dello Stato totalitario rende questo settore, come quello della gestione del tempo libero, un fatto squisitamente politico: da qui i contrasti».
Anticipando i tempi, già nel 1927, a seguito dell’ordinanza di chiusura del Circolo Giovanile Ve. Don Bosco, il parroco e il presidente della sezione locale di Gioventù Cattolica, Domenico Pintossi (Tone dela Eva), scrissero alla presidenza generale della Società Gioventù Cattolica Italiana a Roma per sollecitarne la riapertura.
Tempestiva fu la risposta da Roma dove si esprimeva «dolore per il contenuto» e si rassicurava una pronta riapertura grazie alle nuove disposizioni date ai Prefetti dal Capo del Governo «si ordina che tutte le associazioni giovanili cattoliche aventi fini prevalentemente religiosi facenti capo all’Azione Cattolica, devono avere, come hanno avuto sempre, piena libertà di vita e continuare a sussistere».
La lettera si concludeva con l’auspicio della pronta riapertura del Circolo giovanile Ven. Don Bosco, che però non ebbe seguito.
Don De Giacomi non si perse d’animo e scrisse una lettera indirizzata al S.E. Capo del Governo Benito Mussolini a Roma, in cui tra l’altro sollecitava un suo intervento affinchè venisse riconsegnata la bandiera e autorizzato l’uso della sala già sequestrati a seguito delle disposizioni prefettizie.
Copia di questa lunga lettera è conservata nell’archivio parrocchiale ma non è dato sapere se fu effettivamente spedita tramite prefettura.
Comunque la documentazione di questa grave controversia continuò negli anni successivi; una lettera del 1930, indirizzata dal nostro parroco all’Illustrissimo sig. Segretario federale del Fascio di Brescia, testimonia queste tensioni che don De Giacomi superò dimostrando determinazione, coraggio, fermezza d’animo e una «disarmante» onestà intellettuale.
Le vicende oggetto di contesa possono apparire marginali rispetto ai gravi problemi nazionali, tuttavia, ciò che appartiene alla storia minore spesso illumina e si pone come esemplare in relazione alla Storia con la s maiuscola che ci viene proposta, fatta di personaggi ed accadimenti che appaiono lontani.
Ma leggiamo la lettera del 18 febbraio 1930 VIII
«Siccome di Lumezzane si va dicendo tanto male, e soprattutto di San Sebastiano mia parrocchia, e col continuo dir male e gettare scredito su cose e persone si finisce con lo svalutare anche l’opera del parroco nella sua molteplice delicata missione,e dipingerlo come uno che ostacola e attacca brighe, a togliere ogni equivoco credo opportuno precisare quanto segue nei riguardi della Sala teatro annessa all’Asilo infantile.
Della Sala è proprietario l’Asilo, come risulta da atto notarile. L’Asilo ne paga le tasse, ne fa i restauri, ne cura la manutenzione,e soprattutto ha da provvedere al mantenimento di molti bambini poveri che vi sono accolti gratis.
Non è pertanto nemmeno da discutere che la licenza della Sala per le rappresentazioni, debba essere rilasciata non ad altri che a colui che amministra l’Asilo, con alle spalle circa 140 bambini e lo stipendio per quanto misero da pagare alle tre reverende suore che li assistono.
È però risaputo che la Sala occorre di quanto in quanto al Fascio per assemblee,alla musica per lezioni di scuola o altro, il sottoscritto quale amministratore dell’Asilo dà parola che come in passato continuerà a concedere cortesemente l’uso della medesima pregando però dargliene preavviso per poterla convenientemente disporre e anche perché eventualmente potrebbe essere in quel momento impedita.
Una volta tanto si potranno dare rappresentazioni per le opere Nazionali Balilla.
Starei a vedere come si risolve la questione incresciosa dell’incompatibilità delle tessere fasciste e di Azione Cattolica. Sarebbe quanto dire che in Italia in pieno Concordato tra Stato e Santa Sede, con l’articolo 43 che riconosce l’Azione Cattolica, chi è apertamente cattolico professante e schietto perde i diritti civili.
Creda Ill.mo Signore, che sono i personalismi elevati a valore politico che non meritano credito alcuno, che mettono e mantengono a disagio la mia popolazione, che altro non desidera se non poter vivere in pace occupata nel suo lavoro che a stento le fornisce di che vivere.
Così potranno i galantuomini e chi ha buona volontà di fare un po’ di bene, poterlo fare senza irragionevoli contestazioni”.
Dopo un passaggio in cui don De Giacomi sembra quasi timoroso per quanto fin qui sottolineato, la lettera prosegue dimostrando un’abile ed efficace dialettica nel sostenere, con coraggio e senza reticenze, le ragioni del Pastore che deve rispondere a Dio, nella figura del Vescovo, e non a Cesare.
“…perdoni la S. V. Ill.ma se Le ho recato il disturbo di farmi leggere. L’ho fatto sperando di eliminare ogni malinteso, facendole presente anche che la prima incompatibilità deve cader su me che obbedendo ai comandi del Sommo Pontefice, ed alle prescrizioni tassative e categoriche del Vescovo di Brescia, ho promosso e promuovo, assistito come assisto l’Azione cattolica nella mia parrocchia.
Azione, che come disse il papa e ci ripete il Vescovo, non è altro che dovere pastorale di ogni parroco e sacerdote; azione che non è politica, ma formazione delle menti e dei cuori ai più grandi e sublimi ideali di Dio e della Patria forgiando le coscienze a tutti i doveri di buoni e sinceri cattolici, di buoni e sinceri italiani; ossequienti e rispettosi alle leggi e ai Reggitori dello Stato, come devono essere fedeli osservanti delle leggi di Dio rispettosi ed obbedienti a chi lo rappresenta in questo mondo nella Sua Chiesa».
La lettera si conclude con la richiesta all’autorità di rilasciare la licenza della Sala a suo nome.
«…chiarita anche la questione riguardante la Sala del teatro, spero a mezzo di essa,e senza ulteriori turbamenti o contestazioni, portare all’Asilo infantile, il maggior aiuto possibile.
Prego poi l’Ill.ma S.V. voler dare opera a che la licenza della Sala venga a mio nome rilasciata, come ad Amministratore dell’Asilo infantile.
Chiedendo mille scuse, mi professo dell’Ill.ma S.V.
Dev.mo De Giacomi d. Angelo
Parroco»
Il tono della lettera è rispettoso, ma il contenuto non dà spazio ad equivoci: il ruolo del parroco, pastore e responsabile della comunità viene rivendicato con fermezza.
I mezzi che vengono individuati come necessari ed indispensabili per la formazione delle nuove generazioni come il movimento dell’Azione Cattolica, vengono difesi con forza.
A questo proposito si conservano in archivio preziose testimonianze dell’interesse mostrato dal Parroco per questo movimento cattolico: due lettere a lui indirizzate, su carta intestata, da parte della Federazione tra le Associazioni del Clero in Italia che fecero da tramite tra la parrocchia di San Sebastiano e la Giunta centrale dell’A.C. a Roma; possediamo anche una splendida fotografia con dedica del presidente della Gioventù Cattolica, Luigi Gedda, dal 1934, e successivamente presidente generale dell’A.C. fino al giugno 1959.
Nel Diario delle Messe, come abbiamo già accennato, Don De Giacomi ci ha lasciato non solo una cronaca dettagliata della vita parrocchiale, ma preziose testimonianze di momenti significativi della storia d’Italia negli anni che precedettero il secondo conflitto mondiale.
Il famoso discorso di Mussolini del 26 marzo 1939 viene efficacemente e fedelmente riportato, ma le riflessioni del parroco, seppur contenute nei toni, rivelano un’accorta e preoccupata analisi degli eventi che purtroppo si rivelò corretta.
Sempre preciso nelle sue annotazioni, domenica 26 marzo scrive:
«N.B. – Questa mattina si è anticipata la S. Messa cantata alle 9,30, perché alle 11 doveva aver luogo il discorso del Capo del Governo, nell’occasione del Ventennale del-la fondazione di fasci, a Roma, dove c’era l’adunata di 50.000 (la sottolineatura è del parroco) squadristi. Odor acre di polvere. Nel suo forte discorso Mussolini ha lumeggiato il cammino percorso in 20 anni, la trasformazione dell’Italia dal 19 in qua, la presa dell’Abissinia, la fondazione dell’impero nonostante le sanzioni degli Stati contrari, la compatta consistenza dell’Asse Roma–Berlino, la guerra di Spagna, le aspirazioni d’Italia su la Tunisia, Gibuti, le sponde dell’Adriatico che devono essere dominate dall’Italia.
Che se molto cammino s’è fatto quello che resta a fare è ancora di più. «Credere, ubbidire, combattere, fu, è e sarà il segreto della vittoria», fu la conclusione del discorso del Duce».
Dopo aver ricordato che «Sei squadristi di Lumezzane erano presenti in Roma a sentire la parola del Duce», Don De Giacomi conclude la cronaca rivelando il suo sgomento su quanto stava accadendo.
«Viviamo in momenti di grandi sorprese, da parte della Germania che si espande senza colpo ferire, sopprimendo stati ed incorporandoli al 3° Reich – nonostante le proteste di Francia ed Inghilterra.
L’Italia cosa farà? Siamo in attesa sopra gli avvenimenti umani c’è la Provvidenza Divina che invisibile regge e go-verna e dobbiamo ripetere la frase del grande Bosset: «L’uomo si agita ma è Dio che lo conduce».
Dalla lettura di queste annotazioni emerge, ancora una volta, la figura di un saggio, coraggioso e lungimirante sacerdote. Per nulla intimorito dalla potenza del nostro alleato d’oltralpe e dagli accadimenti che sembrano premiare i folli disegni di conquista, riesce a mantenere fermo il timone del cuore e della ragione, puntando sempre la prua verso la sua stella polare: la Provvidenza divina.
Alla “Don Bosco” di Lumezzane S. Sebastiano con viva fraternità e augurio di spirituali conquiste.
Luigi Gedda
La volontà di adibire un luogo per i giovani, che rispondesse alle loro esigenze spirituali e non, fu un punto fisso della vicenda pastorale di don De Giacomi.
In una lettera alla Questura di Brescia del 22 aprile 1929 per esempio, chiedeva il permesso per una «pesca di beneficenza, per le opere a scopo religioso, quali un locale per l’istruzione catechistica e morale ai giovani di cui si è privi e non si hanno mezzi per la costruzione».
In quei difficili periodi storici l’impegno finanziario per costruire dei luoghi adatti all’educazione religiosa dei ragazzi non era un’impresa facile, la raccolta fondi si protrasse per molti anni, il 6 ottobre 1935 il parroco scriveva nel libro delle messe «oggi si è voluto ricordare il decennio di parrocchiano del sottoscritto. La commemorazione venne promossa dal consiglio parrocchiale; anima del movimento è stato il rev. Chierico sottodiacono don Virgilio Senesi. A sera si tenne in teatro una riuscitissima accademia musico-letteraria, tale onoranze vennero concretate con una sottoscrizione di circa lire 20.000 per la erezione delle aule di catechismo presso l’oratorio maschile. Ciò rispondeva ad un’impellente necessità. Deo gratias».
Nel 1936 il Comitato per l’Oratorio Maschile chiedeva l’autorizzazione al Podestà «di completare il fabbricato delle scuole di catechismo di Lumezzane San Sebastiano secondo l’allegato progetto a firma dell’ing. Vittorio Montini», il comm. Vincenzo Saleri, a nome del comitato, scriveva anche che «i materiali erano tutti di produzione nazionale, parecchi dei quali, come pietre, ghiaia e sabbia sono scavati sul posto».
La raccolta fondi continuò costantemente fino al 1937, se il 13 settembre il parroco ebbe a scrivere «ieri e oggi ebbe luogo la pesca di beneficenza pro aule catechistiche e andò bene. Si sono realizzate lire 4465,75 che furono tutte versate all’impresario sig. Pasotti».
Il 29 luglio dello stesso anno la comunità di san Sebastiano accoglieva inoltre con gioia il primo curato dell’Oratorio «…è il mons. rev. Sig. don Faustino Morandini di Bienno», si fermerà in parrocchia fino al 1939, quando lo sostituirà don Lorenzo Salice, seguito da don Balzarini.
L’impegno economico della comunità fu tanto e la soddisfazione di don De Giacomi era tangibile, se solo dopo tre mesi circa scrisse nel Liber Missarum come resoconto dell’anno 1937 appena trascorso «in quest’anno la parrocchia ha fatto una duplice conquista importantissima: ha visto ultimate le aule catechistiche con l’abitazione del nuovo curato dell’oratorio, ha salutato l’ingresso in parrocchia del rev. curato assistente all’oratorio concesso da sua ecc. mons. Vescovo. Oltre che conquista è un avvenimento di primo ordine per la cura e l’istruzione religiosa della gioventù maschile.
Onore alla parrocchia la quale s’è assunta l’impegno della costruzione del fabbricato e quello del mantenimento del nuovo sacerdote che viene pagato mensilmente con offerte che generose persone si sono degnate di versare annualmente. Onore all’associazione S. Giovanni Bosco e al gruppo Uomini Cattolici e ad altri che si sono fatti promotori di sì belle opere. Il Signore certo li ricompenserà largamente del bene compiuto e continuano a fare. Nel prossimo anno quali opere si compiranno? Lo sa Iddio da cui dipendono tutte le idealità e i pensieri di chi regge la parrocchia. Il Signore provvederà, ora stiamo pagando le aule catechistiche e siamo a buon punto, stante la generosità degli oblatori».
Contemporaneamente al progetto delle aule catechistiche, si accompagnava nella mente del nostro parroco l’intenzione di costruire presso l’oratorio una Cappella, una grande struttura, visti i progetti dell’ing. Montini, il 10 settembre del 1934 il parroco scriveva «i giovani dell’associazione giovanile tengono un ottima recitatio comediae in teatro et apud oratorium S. Joannis Bosco pro Cappella S. Joannis Bosco costruendo» (i giovani dell’oratorio si impegnavano per raccogliere soldi per la Cappella, recitando commedie in teatro).
L’obbiettivo fu raggiunto in parte nel 1938, quando durante le feste del 1° centenario della Parrocchia e del 25° di sacerdozio del parroco, don De Giacomi ebbe a scrivere «a ricordo di questa solennità la parrocchia riceve in dono dalla popolazione solidale e generosa dal primo all’ultimo dei fedeli che la compongono la Cappella dell’Oratorio maschile “S. Giovanni Bosco”. La sottoscrizione in corso ha già dato brillantissimi risultati. Tra poco tempo vedremo sorgere presso le aule catechistiche la Cappella tanto desiderata e necessaria. Sia ringraziato il buon Dio che ci ospita e ci conforta, e nonostante gli inevitabili contrasti, fa in modo che le nostre feste principali abbiano sempre, col frutto spirituale abbondante, un qualche ricordo che premia a vantaggio di tutti, la bontà, la generosità, il profondo sentimento cristiano dei sansebastianesi senza distinzione alcuna, i quali come vedono giustamente orgogliosi maturare le molte vocazioni ecclesiastiche in mezzo a loro, così tengono nella più alta stima il sacerdote. In fede. De Giacomi parroco».
A questo proposito è stata trovata in archivio una lettera (marzo 1939) d’invito ai benefattori firmata da Paolo Saleri, eminente rappresentante dell’associazione Uomini Cattolici di Azione Cattolica, che così diceva «a memoria perenne del 1° centenario della Parrocchia celebrato nel settembre ultimo scorso, la popolazione ha promesso la Cappella dell’Oratorio. E’ giunta l’ora di dare principio ai lavori, disegno e preventivi sono approntati. Buone offerte ci sono già pervenute, ma è necessario che tutti compatti rispondano all’appello. (…) Date con fiducia nel nome del Signore, ed i nostri fanciulli, ai quali prepariamo il nido spirituale, pregheranno tanto per i loro benefattori».
La devozione per San Giovanni Bosco è testimoniata anche dall’accoglienza offerta ad un Rev. salesiano, infatti nel Liber Missarum si riferisce della presenza in parrocchia di don Veneziani «…salesiano di anni 75 che visse otto anni con S. Giovanni Bosco e parlò ai convenuti che l’ascoltarono con grande interessamento», era l’8 febbraio 1941.
Oltre alla figura del santo dei giovani, la Vergine Maria ebbe sempre un posto privilegiato nel cuore del nostro parroco, in particolare don Angelo era devoto alla Madonna di Conche; il pellegrinaggio verso il Santuario con i giovani e le fanciulle era un’abitudine consolidata nella vita della Parrocchia.
Una preziosa testimonianza orale di questa profonda devozione mariana di don Angelo ci viene da una parrocchiana (Maria Gnutti de Felise), che con emozione ricorda gli ultimi giorni della vicenda umana del parroco.
La signora, allora ragazzina, abitava proprio di fronte alla canonica e un giorno fu chiamata con la sorella Elsa al capezzale di don Angelo molto sofferente.
Don De Giacomi espresse il desiderio di bagnare le labbra ormai riarse con l’acqua del «Santel dela Caha».
Chiese alla loro madre di mandare le figlie al «santello» per esaudire questo desiderio, assicurando la protezione della Madonna mediante sue preghiere, era infatti già l’imbrunire e i pericoli per due ragazzine non erano pochi.
Quando don Angelo ricevette quell’acqua tanto desiderata ebbe come un sussulto e ringraziò le ragazze assicurando loro la sua preghiera.
Erano le ultime ore di vita del nostro parroco che morì il 1° aprile del 1942.
Don De Giacomi dunque fu un pastore di grande spiritualità, attento a tutte le componenti della comunità, dai poveri alle nuove generazioni… possiamo ancora oggi esserne orgogliosi!
Fiorenza e Silvia